Antonino Tringali - Casanuova
Io sono nato nel 1961 nel momento in cui mio padre Lorenzo aveva da poco riottenuto la piena proprietà dell’azienda agricola, assegnata dopo la II Guerra mondiale, dalla nuova Repubblica ai mezzadri che vi vivevano.
Uno dei primi ricordi che ho sono le vacanze pasquali del 1968 a Castagneto quando fui sgridato dal nostro fattore Acerbino perché mi rotolavo nel grano in levata. A me, cittadino milanese, quell’erbettina verde sconfinata, quell’aria lieve, faceva sembrare questo paese un Paradiso. Forse il seme della scelta di fare Scienze Agrarie nacque quel giorno.
Ho frequentato poco le lezioni all’Università di Milano, preferendo l’esperienza in campo che facevo a fianco di uomini come Antonio detto “Il Moro”, Guido, Giuseppe e Mario. Laureato e passato l’esame di Stato – che non volevo nemmeno dare e non avrei fatto se una vera amica, Barbara, non mi avesse convinto che proprio io “con tutta l’esperienza” che avevo non potevo proprio rinunciarvi – iniziai a lavorare alla Ferruzzi di Raul Gardini.
La logica avrebbe voluto che, come mio padre, vi fossi rimasto buona parte se non tutta la vita ma ahimè Gardini nel 1992 si suicidò in seguito alle note vicende mosse da Di Pietro & C. A quel punto tutto il gruppo finì in amministrazione controllata e noi giovani impiegati in cassa integrazione. A 31 anni con una figlia piccola non me la sentii di iniziare la mia carriera con un “ripescaggio” dalla cassa integrazione.
A maggior ragione perché ero Agronomo e avevo a Castagneto un’azienda agricola alla quale pensavo avrei potuto aggiungere la libera professione. Così partii e in verità da subito trovai la conduzione aziendale più interessante della professione di Agronomo.
Ma l’azienda era affittata e ci vollero anni per risolvere quei contratti. Fu mio padre che, giunto a Castagneto in pensione, decise di sviluppare l’azienda, appena e parzialmente ripresa, in conduzione diretta e inserirsi nel filone vigne e vino. Mi gettai nell’impresa con lui anche se pian piano dovetti emarginare la professione. Facemmo qualche sbaglio, ci fidammo di alcuni che – con il senno di poi, avremmo fatto bene a tenere a distanza ma comunque godemmo anche di successo. Poi lui morì e io nel 2008 feci uscire “Renzo” vendemmia 2005 Il mio [suo] Bolgheri Superiore in sua memoria. “Renzo” è la sua firma ripresa da una cartolina spedita a 12 anni al suo amico del cuore Giorgio poi anche mio padrino. Mi dispiace solo che non l’abbia mai potuto vedere quaggiù.
Così continuai da solo con i miei validissimi collaboratori, tra i molti il mio cuore di titolare va a Lidia, Luciana e Cosimo che sempre hanno profuso nell’impresa tutto di loro stessi, fino al 2013 quando con mia madre, come a volte succede, decidemmo – con dispiacere – di passare la mano di quell’azienda, la cui storia continua oggi con altri. L’avevamo ereditata insieme e io da solo non potevo rilevarla da mia madre né lei fare altrimenti.
Finita quell’esperienza ho deciso di riprendere attivamente la professione di Agronomo indirizzandola nell’Amministrazione aziendale, nella consulenza e verifica dei Sistemi qualità senza dimenticare la valorizzazione e il recupero di aziende agricole. Così, ad esempio, nel 2018 ho partecipato al miglioramento di un’affascinante proprietà sulle colline toscane di San Vincenzo, abbandonata ingiustamente da anni. L’azienda ora produce Olio extra vergine d’Oliva biologico e i nuovi proprietari stanno impiantando vigneti.
Il resto lo vedremo insieme.
Lorenzo Tringali - Casanuova
Mio padre nacque il 10 luglio 1926 da Antonino e Maria Vittoria Gremigni. Purtroppo a 17 anni, nel 1943, rimase orfano di padre e quindi subito dopo con la madre e la sorella minore, Dianora, si dovette trasferire prima a Varese e poi a Milano, inizialmente in casa dei cugini Degli Occhi.
Nel 1950 si laureò Ingegnere al Politecnico di Milano e iniziò la sua carriera, ancora a Milano, presso l’AEG poi AEG Telefunken. Pur lavorando a Milano tutta la vita non abbandonò mai Castagneto e la nostra azienda agricola dove fu tra i primi a coltivare con successo fragole e pesche. In quegli anni di vino a Castagneto si parlava ancora poco e per lo più il nostro era destinato al consumo domestico e agli amici.
Nel 1959 si sposò con Jelena Donzelli di famiglia milanese purosangue. Mia madre che pur amava la vita milanese quando si trattò di trasferirsi a Castagneto, accetto di buon grado e si profuse con tutta se stessa nell’aiutarci nei nostri sogni. Così dopo una vita passata tra Milano e Castagneto nel 1999 i miei genitori si ritirarono qui in pensione. Poiché mio padre con le mani in mano non ci sapeva stare, mi chiese se non avessi voluto rivitalizzare con lui l’azienda agricola riprendendone la direzione e indirizzandola alla nuova viticoltura ed enologia sull’onda di un movimento analogo che aveva scosso queste terre ed era culminato, nel 1994, con la nascita della denominazione Bolgheri Rosso DOC.
Come potevo dirgli di no? Lavorammo insieme 6 anni poi, purtroppo, una breve ma inguaribile malattia me lo portò via nel 2005.
I della Gherardesca
La storia della mia famiglia e delle mie avventure come produttore di vino e di olio extra vergine d’oliva sono fortemente legate a Castagneto Carducci e alla famiglia dei della Gherardesca. Per parlare delle mie origini è necessario parlare anche di loro.
Il ruolo esercitato dai della Gherardesca su Castagneto e il suo territorio, costantemente assoggettato alla loro autorità sin dal periodo medioevale, ha indotto infatti gli storici ad intrecciare le vicende di Castagneto con quelle di questo casato.
La prima traccia risale al longobardo Walfredo, il quale, nel 754, fondò presso Monteverdi, il monastero di San Pietro in Palazzuolo legando ad esso Castagneto e le altre proprietà nell’area. In seguito alcuni della Gherardesca sono indicati in un documento del 1161, con il titolo di Conti di Castagneto, accompagnato da quello di “Domini” di Donoratico e Conti anche delle località limitrofe di Segalari e Bolgheri.
La storia di queste località, testimonierà più tardi, verso la fine del Trecento, lo spostamento dei loro interessi verso Pisa e i territori a Sud provocando ampi riflessi sui luoghi a noi più vicini e anche sulla mia famiglia.
I Casanuova
I primi Casanuova – Casanuova con la “u”, nulla a che vedere con il celebre casato veneziano di Giacomo Casanova – vengono infatti in questo periodo a Castagneto da Peccioli, in provincia di Pisa, dove c’è ancora un Palazzo Casanuova. I miei avi erano allora amministratori dei beni del feudo Gherardesca e in seguito capitani delle loro schiere armate.
È ad esempio il caso di Giovanni Battista Casanuova, Cavaliere di Santo Stefano che si dimostrò certamente valoroso nella battaglia di San Vincenzo del 17 agosto 1505 guidando gli armati dei della Gherardesca che, insieme a quelli fiorentini, si batterono contro i pisani ribellatisi – per una questione di tasse allora come ora – a Firenze. Della battaglia abbiamo una testimonianza nella tela dipinta dal Vasari della “Vittoria dei Fiorentini contro i Pisani nella battaglia di San Vincenzo” conservata a Firenze nel Salone dei 500 in Palazzo Vecchio dove compare anche il Casanuova.
Di questo fatto reca memoria ancora oggi la lapide del frontespizio di casa mia al Palazzo di Castagneto, allora dei Casanuova oggi Tringali-Casanuova, riferendo che le sue gesta in quel contesto contribuirono a far aumentare “l’arme gentilizia della famiglia” con la costruzione, nel 1575, della torre sopra la casa e la modifica dello stemma familiare con l’aggiunta dell’immagine appunto della torre.
La torre fu poi colpita da un bombardamento degli americani che la credevano sede del comando tedesco, durante la II Guerra mondiale al passaggio del fronte. Oggi ne rimane solo il primo piano.
La Casa al Piano
Nel 1698 Guido Alberto della Gherardesca costruiva il podere della Casa al Piano, in località Cerreta tra Castagneto e Donoratico, come primo podere costruito fuori le mura di Castagneto e, nel 1712, lo donava ai Casanuova per i “servigi” resi. Questo podere è stato per quattro secoli il centro della nostra azienda agricola.
Nel Settecento e più precisamente nel periodo lorenese, si ebbero anche contrasti forti tra la comunità di Castagneto e i Conti quando, ad esempio, nel 1776, contestualmente ad una più complessa operazione di bonifica dei terreni più vicini al mare – già iniziata dai Medici – e al conseguente riordino territoriale, Castagneto perse la propria autonomia e fu inglobato, insieme ai centri di Bolgheri e Donoratico, nelle proprietà Gherardesca divenendo Castagneto Gherardesca.
Tale nome rimase fino alla metà dell’800 quando, in seguito ai moti di indipendenza del ’48 che scossero l’Italia ma che qui assunsero caratteristiche sociali, Castagneto cambiò ancora nome in Castagneto Marittimo.
Castagneto Carducci
Infine nel 1907 il Comune decise di ribattezzarsi con il nome di Castagneto Carducci con lo scopo di rendere omaggio al Poeta insignito in quell’anno del Nobel per la letteratura, in ricordo della sua permanenza a Bolgheri e a Castagneto, dove – da ragazzino – soggiornò per alcuni anni tornandovi poi come ospite durante la maturità. L’ingresso della casa che lo ospitò allora, oggi visitabile, è di fronte a casa mia.
Tra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900 anche l’agricoltura locale subì forti cambiamenti grazie ad un secondo importante riordino fondiario che vide il rafforzamento della coltura dell’olivo, già presente a Bolgheri ma meno a Castagneto e l’affermarsi della sistemazione fondiaria in preselle – unità agricola pari a circa 1,8 ettari (18 mila m2) di terreno corrispondente a quell’area che potesse essere lavorata da una famiglia e bastare al loro mantenimento.
I campi di pianura furono divisi così in due squadri di 36 metri per 250 separati da una fila di piante di olivo alternate con una pianta da frutto, più spesso di pere, a loro volta contornate da due file, una a destra, l’altra a sinistra di viti Sangiovese e Trebbiano. Nel campo così delimitato si coltivava soprattutto grano e orzo. Ma anche prato per il bestiame.
I Tringali - Casanuova
In quegli anni i Casanuova divengono Tringali-Casanuova grazie al matrimonio tra Sebastiano Tringali, siciliano, autore di vari testi giuridici ed Emilia Casanuova. Per editto del Re Umberto I i loro cognomi furono uniti con un trattino che li rendeva un cognome unico.
Sebastiano ed Emilia ebbero cinque figli: Antonino (1888-1943), mio nonno e autorità durante l’epoca fascista, Maria Vittoria, morta a un anno d’età, Noemi che sposò l’Avvocato Cesare Degli Occhi, Sergio, morto a vent’anni nella I Guerra mondiale e infine Wanda che sposò Franco Santandrea.
Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta
Nel frattempo, in seguito al matrimonio con Clarice della Gherardesca, giunse a Bolgheri nel 1920 il Marchese Mario Incisa della Rocchetta. Il quale da buon piemontese esperto di uve francesi, iniziò ad impiantare qui il Cabernet e il Merlot.
All’inizio non fu capito: in una terra dove predominava il Sangiovese con i suoi acini e grappoli grossi, da cui la dizione Sangiovese grosso, e la fame era ancora tanta, il Cabernet e il Merlot, caratterizzati da grappoli e acini piccoli, furono considerati deboli e inadatti ai luoghi.
Ma alla fine, nel 1985, il suo vino – il Sassicaia vendemmia 1983 – fu giudicato il miglior vino del mondo e da quel momento divenne un’icona dell’enologia.
Dietro a lui, prima un piccolo gruppo di viticoltori, poi una più grossa schiera di discepoli tra cui anche la mia famiglia ed io, seguirono la strada da lui tracciata. Bolgheri divenne così un luogo e una denominazione tra le più conosciute per la produzione di grandi vini rossi.
Castagneto Carducci, 9 giugno 2021
Per la storia dei della Gherardesca, della Rocchetta e di Castagneto, ringrazio Luciano Bezzini che ricordo come amico e storico dai cui libri ho tratto molte notizie precise.