La stampa ha riportato i dati dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi forestali di Carbonio realizzato dall’Arma dei Carabinieri con il supporto scientifico del Crea, dati per i quali la superficie boschiva nazionale è aumentata in 10 anni di circa 587.000 ettari raggiungendo un totale di 11 milioni di ettari. La biomassa forestale aumenta così del 18,4% e di conseguenza aumenta di circa 290 milioni di tonnellate anche l’anidride carbonica assorbita dai boschi italiani.
Siamo tutti convinti che questa sia una buona notizia. Ma proviamo a chiederci: questi 587 mila ettari cosa erano prima? Aree industriali dismesse? Periferie urbanizzate delle nostre città? No cari amici, erano terreni agricoli coltivati poi abbandonati per cause varie come sta accadendo da un po’ alla nostra Agricoltura. Terreni marginali, certo, probabilmente per pendenze o configurazioni tali da renderne antieconomica la coltivazione oppure terreni e colture valide ma comunque abbandonate per difficoltà economiche dell’imprenditore o per mancato ricambio generazionale. Anche certe politiche agrarie della Comunità europea, come il ritiro sovvenzionato dei terreni dalla produzione o il contributo per la realizzazione di boschi sui terreni agricoli, hanno facilitato l’aumento della superficie boschiva italiana.
Certamente erano politiche figlie di periodi storici nei quali l’obiettivo era mantenere accettabile il reddito degli agricoltori ma oggi il punto è un altro. La popolazione mondiale aumenta e ancor di più aumenta la necessità – che tutti sentiamo – che tutti i popoli abbiano accesso ad una alimentazione adeguata. Dall’altra parte però i cambiamenti climatici mettono a rischio le coltivazioni: siccità, alluvioni, gelo e grandine, tutte facce dello stesso fenomeno, distruggono i raccolti. Ciò significa aree mondiali sempre più vaste soggette alla carestia e su scala nazionale aumento dei prezzi e inflazione. Un caso su tutti. La siccità di questa primavera in Canada ha ridotto la locale produzione di grano di cui il nostro Paese è un forte importatore. Noi stessi ne produciamo sempre meno. Di conseguenza i prezzi della pasta e degli altri prodotti collegati sullo scaffale stanno salendo ogni giorno di più.
Ecco, nel mio pensiero, da dove origina il titolo provocatorio di questo articolo. Se la superficie boschiva aumenta significa che diminuisce la superficie agricola coltivata e, in un contesto nel quale la produzione è a rischio per i noti motivi climatici, non vedo in prospettiva un gran bene perché avremo, nel contesto nazionale, il carrello della spesa più costoso e inflazione.
Desidero considerare anche l’aspetto dell’assorbimento dell’anidride carbonica perché è vero che più boschi significano più anidride carbonica sottratta all’atmosfera ma si deve sapere che sono le foglie giovani in forte crescita che hanno un ruolo determinante nell’assorbimento, per cui, per contribuire al controllo dei livelli atmosferici di anidride carbonica, i boschi andrebbero rinnovati e le colture agricole mantenute perché soprattutto queste, proprio per le loro caratteristiche, hanno il ruolo più efficiente nella cattura dell’anidride carbonica.
Serve quindi una politica mondiale che sappia coniugare le esigenze ambientali con quelle dello sviluppo intelligente e professionale dell’Agricoltura per mantenere verde il nostro Mondo certamente ma al contempo impedire che lo spettro della fame, dalla quale importanti aree del Mondo si erano affrancate negli anni ’70-’80, non torni ad aggredire le nazioni economicamente più deboli.