Esattamente oggi di un anno fa arrivavo qui, che dire? Tanto lavoro fatto, tanto lavoro da fare. Così è la vita. Riassumo le impressioni e il lavoro di un anno.
Tutti gli olivi di impianto più vecchio sono allevati a vaso e nella valorizzazione è stata rispettata la forma di allevamento originaria. Gli olivi più giovani, non essendo mai stati coltivati hanno assunto l’habitus naturale dell’olivo a cespuglio globoso. Nella fase di recupero si è voluto rispettare più possibile questa tendenza pur indirizzando la pianta verso il vaso basso. Molti di questi olivi spontanei, dove sono troppo fitti, spesso a gruppi di 3 – 5, sono stati potati nell’inverno e nella primavera 2018-19 come se si trattasse di un’unica pianta e quindi svuotati nella parte interna centrale e in modo più libero nella parte esterna.
Lo scopo è raggiungere un’organizzazione che favorisca la meccanizzazione agricola delle operazioni colturali e, nello stesso tempo, favorire il naturale equilibrio raggiunto da questi olivi. Si è cercato anche di rispettare varie specie naturali come rifugio della fauna e per il suo sostentamento: così nell’oliveto qua e là sono presenti piante di frassino, sorbo, lentisco, mirto, pero selvatico, acacia, ginestra e più raramente ciliegio, mirabolano, pino, leccio e quercia.
La frasca di potatura non è stata bruciata per motivi ecologici: è stata invece trinciata allo scopo di arricchire, nel tempo, il terreno di humus e costituire immediatamente uno strato di pacciamatura organica. Le porzioni di terreno originariamente destinate alla consociazione con le colture erbacee e quindi quelle tra le varie file di impianto più vecchio, si è deciso di non seminarle e, invece, di mandare a seme la Sulla spontanea in modo da favorire una risemina naturale.